Questa storia comincia tanto tanto tempo fa, presso l'elegante casa di una ricca famiglia, dove viveva e lavorava, fra gli altri servi, Quinto Euganeo.
Essere al servizio di una famiglia appartenente all'antica e nobile gens Sulpicia era certo un onore, ma uno schiavo rimaneva pur sempre uno schiavo: i suoi diritti erano quasi inesistenti e il suo padrone aveva il potere di disporre della sua vita a propria discrezione.
A Quinto Euganeo venne dato il permesso di scegliere una con-serva con cui creare un'unione. Al tempo in cui si svolge la nostra storia, infatti, la legge non permetteva ai servi di sposarsi e perfino il contubernio, così era definito il loro legame, non aveva alcun valore giuridico. Solo molti secoli dopo sarebbe stato riconosciuto il diritto degli schiavi legati da questa unione a non essere venduti separatamente, ma in ogni caso i loro figli sarebbero diventati automaticamente schiavi del padrone della madre che li avrebbe generati...
Ma torniamo al nostro uomo.
Fra tutte, Quinto Euganeo scelse Lilinia, a cui il padrone aveva affibbiato il secondo nome di Ianuaria, "portinaia", dato il suo ruolo all'interno della casa.
Entrambi non avevano un vero e proprio salario e tutta la loro ricchezza consisteva in un gruzzoletto accumulato grazie alle mance che ogni tanto il padrone o gli ospiti gli regalavano, messe da parte a poco a poco con la speranza, prima o poi, di poterle offrire indietro, in cambio della propria libertà.
Ma un giorno tutto cambiò, perché nella loro vita accadde qualcosa che stravolse totalmente i loro progetti per il futuro: Lininia ebbe un bambino!
"Massimo, Quinto Massimo, questo è il nome che mamma e papà hanno scelto per te. E' un nome importante, un nome Romano di gran prestigio. Tu ancora non lo sai, ma noi abbiamo patito tanto... Non siamo che schiavi e la nostra vita è stata piena di umiliazioni. Ma tu no, non dovrai soffrire come noi! Il tuo futuro dovrà essere diverso e la gente dovrà avere rispetto e stima per te. E chissà, forse un giorno sarai un uomo libero e potrai indossare la toga come un vero cittadino Romano!"
L'arrivo di un bebè è sempre un evento felice per due genitori, ma anche per tutti coloro che gli sono vicini. E proprio come accade oggi, la nascita del bimbo rallegrò tutta la casa e perfino il padrone, che lo prese in simpatia.
Gli anni passavano e Quinto Massimo cresceva e si dimostrava un ragazzino sveglio e in gamba. Capiva perfettamente quali fossero le speranze che sua madre e suo padre riponevano in lui, e le loro ambizioni divennero anche le sue ambizioni. Si impegnava nello studio con tutto se stesso, ottenendo degli ottimi risultati a scuola ed era una fortuna per lui, il fatto di poter studiare.
Perfino il padrone rimase colpito dalle sue capacità e così, un giorno, decise finalmente di affrancarlo: da allora in poi avrebbe portato anche il nome del suo (ormai) ex padrone e si sarebbe chiamato Quinto Sulpicio Massimo.
Che soddisfazione, per quei genitori! Loro figlio ora era un uomo libero, con un nome importante, che nulla lasciava trasparire delle sue umili origini... E quanto sarebbe cambiata la sua vita! Avrebbe potuto indossare la toga, si sarebbe potuto sposare, avrebbe potuto votare, tutte cose invece proibite agli schiavi.
Certo, non avrebbe potuto aspirare a delle cariche pubbliche, ma avrebbero potuto farlo i suoi figli, in quanto nati da un uomo libero...
Ma ne aveva di strada davanti a sé, in fondo era ancora poco più di un bambino, e per diventare qualcuno doveva continuare a studiare, in modo da potersi affermare in qualche campo e occupare un posto nella società.
L'occasione per emergere si presentò poco tempo dopo, quando nella città si svolse la terza edizione dell'Agone, una manifestazione a cadenza quinquennale che comprendeva gare a carattere letterario, musicale, equestre e ginnico.
Quinto Sulpicio Massimo si iscrisse alla competizione letteraria.
Si sarebbe conteso il primo premio (consegnato dall'imperatore in persona!) con altri 52 poeti, insomma, una bella fatica, e quindi si dedicò anima e corpo allo studio, pur di non deludere le aspettative dei suoi genitori. Avevano lavorato sodo e forse avevano perfino attinto ai propri risparmi per aiutarlo e sostenerlo, e per fare in modo che potesse cominciare a costruirsi le basi per un futuro brillante. E forse avevano usato proprio quegli stessi risparmi che un giorno sarebbero potuti servire per riscattare la loro libertà.
Il giorno tanto atteso arrivò e il ragazzino, poco più che undicenne, diede il meglio di sé, recitando la sua composizione estemporanea in lingua Greca: 40 versi in cui Giove rimproverava Apollo, per aver lasciato condurre il carro del sole all'inesperto Fetonte.
Il suo poemetto non vinse il primo premio, ma incantò e conquistò a tal punto i giudici, che questi decisero di assegnargli una corona al merito, come premio speciale per le sue doti letterarie.
Ma la gioia durò ben poco: gli sforzi sostenuti per il troppo studio avevano minato e indebolito la salute e il fisico di Quinto Sulpicio Massimo, che si ammalò e morì poco tempo dopo.
Non era giusto.
Tutti i sogni coltivati negli anni erano ad un passo dal realizzarsi e in futuro la gente avrebbe ricordato il suo nome a lungo!
Quinto Euganeo e Lilinia ianuaria erano distrutti, non potevano credere che tutto sarebbe finito così.
Avrebbero messo mano a quanto rimaneva dei loro risparmi, avrebbero fatto scolpire un monumento funebre degno dei grandi aristocratici, che sarebbe rimasto ben visibile per secoli.
Un monumento di marmo bianco, con una statua che lo ritraesse con la toga, come un cittadino libero. E con un'iscrizione che documentasse il suo successo e quanto dolore avesse lasciato la sua scomparsa nei suoi poveri, ma fieri, genitori.
Lo meritava, almeno questo, dopo tutto l'impegno che ci aveva messo e che tanto gli era costato.
Sì, i posteri si sarebbero ricordati sempre di lui!
Passò molto tempo, accaddero molte cose. Vennero innalzate delle mura a difesa della città minacciata dagli invasori e, lentamente, le vicende di questa sfortunata famiglia caddero nell'oblio.
Gli anni si accumularono fino a diventare secoli e i secoli si accavallarono fino a diventare millenni.
Alla fine dell'Ottocento, quasi duemila anni dopo i fatti raccontati nella nostra storia, la città era ancora lì, ma tutto era cambiato e aveva esigenze diverse.
Le vecchie mura non erano più una protezione contro i barbari, ma solo un intralcio alla viabilità. Vennero abbattuti alcuni tratti e vennero aperti nuovi passaggi, e dagli scavi riemersero antiche testimonianze di un tempo che fu.
Molti reperti vennero danneggiati o distrutti, per errore o perché ritenuti solo dell'inutile vecchiume. Altri furono riutilizzati, in un modo o nell'altro, inglobati in nuove costruzioni o riciclati come materiale edile. Altri ancora furono "graziati" e usati come attrazione turistica.
Ma cosa ne è stato del monumento al piccolo giovane poeta? Cosa ne è stato dell'ultimo disperato desiderio dei suoi genitori? Gli dèi, che tanto avevano pregato, gli concessero di avere ancora uno spazietto per loro, nella memoria dei posteri, in questo futuro, proprio come speravano?
Beh, lascio a voi il giudizio...
... Ma, se un giorno visiterete Roma e vi troverete a passare per la trafficata Piazza Fiume, trovate il tempo di fermarvi per qualche minuto all'angolo con Via Piave e poi alzate lo sguardo verso le mura Aureliane.
Lì, fra le rovine, in cima ad una colonnina, spicca un piccolo cippo in marmo bianco: fra due colonne di iscrizioni in Latino e Greco, che ne tramandano la storia e la fama, una statua ritrae un bambino che nella mano sinistra tiene una pergamena.
Quel bambino è Quinto Sulpicio Massimo e indossa la toga, proprio come un cittadino libero.
Ispirato da: Associazione Muse, Wikipedia.
This story begins a long time ago, in the elegant house of a rich family, where a man lived and worked among other servants. His name was Quintus Euganeus.
Being a servant in a family of the ancient and noble gens Sulpicia was a honour, but a slave was still just a slave: he barely had some rights and his owner had the power of using his life as he wanted to.
Quintus Euganeus was allowed to choose a companion to create a union with. Indeed, at the time where our story happened, slaves weren't allowed to get married and even the contubernio, that's the name of their union, didn't have any legal value. Just many centuries later slaves united by the contubernio conquered the right to not being sold separately, but, anyway, their children would automatically become slaves of the owner of the mother who gave birth to them.
But let's go back to our man.
Among all the others, Quintus Euganeus chose Lilinia, which, cos of her job in the house, was also called Ianuaria by the master: Ianuaria means concierge indeed.
None of them had a proper salary and all their money was made by a little nest egg they made up in the years, thanks to the tips the master and his guests sometimes gave them, kept and accumulated day by day with the hope, at one point, to give them back in change of their freedom.
But one day everything changed, cos in their life happened something that would entirely twist their projects for the future: Lilinia had a baby!
"Maximus, Quintus Maximus, that's the name mum and dad chose for you. It's an important name, a Roman and prestigious name. You don't know that yet, but we had to suffer a lot... We're just slaves and our life has been full of humiliation. But not yours, you must not suffer like us! Your future must be different and people will have to respect you. And, who knows, maybe one day you'll be a free man and you'll wear the toga, like a real free citizen!"
The arrival of a baby is always a happy happening for the parents, but also for all of those who are close to them. And, just like it happens nowadays, also at the time the birth of the child made everyone happy in the house, even the master, who liked him.
Years went by and Quintus Maximus grew up as a smart and brisk boy. He perfectly understood the hopes his mother and his father put in him, and their ambitions became his ambitions too. He began to study with all his heart, obtaining great results at school and for him it was such a good thing he could study.
Even the master was impressed by his capability and so, one day, he decided to free him: since then he would also take the name of his former owner and his name would have been Quintus Sulpicius Maximus.
What a satisfaction for those parents! Their son was now a free man, with an important name that didn't betrayed his humble origin... And how much his life would have changed! Now he would be able to wear a toga, to get married, to vote, all things that slaves weren't allowed to do.
Ok, he wouldn't be able to have public tasks, but his children would be able to, cos they would born from a free man...
But he had a long way in front of him, he was still just a child, and to become someone he had to keep studying, so that he would be able to succeed in something and occupy a place in the society.
The opportunity to emerge arrived soon, when in the city they had the third edition of the Agone, a public feast that was organised every five years, that included literary and musical competitions and horses and gymnastic races.
Quintus Sulpicius Maximus decided to participate to the literary competition.
He would try to win the first prize (that the emperor in person would give to the winner!) against other 52 poets, well, a hard work, and so he dedicated his body and soul to his study, so as not to disappoint his parents expectations. They worked hard and maybe they even used their savings to help and support him, and to make possible for him to start building some bases for a bright future. Maybe they invested those savings that one day they could have used to buy their freedom.
The long awaited day arrived and the little boy, just eleven years old, gave the best of himself, reciting his composition in Greek: 40 lines in which Jupiter scolded Apollo for letting the unskilled Fetonte drive the chariot of the sun.
His little poem didn't win the competition, but it enchanted and conquered so much the judges, that they decided to give him a wreath on merit, as a special prize for his literary skills.
But the joy didn't last much: the effort he puts in too much study mined and weakened the health and the body of Quintus Sulpicius Maximus, who fell ill and died shortly after that.
That wasn't fair.
All the dreams cultivated during the years were nearly becoming true and people in the future would have remembered his name for a long time!
Quintus Euganeus and Lilinia Ianuaria were destroyed by the pain, they couldn't believe everything would end like that.
They would use what was left of their savings, they would pay someone to sculpt a memorial worthy of great aristocrats, that would have stayed visible for centuries.
A memorial made of white marble, with a statue that would represent him wearing a toga, like a free citizen. And with an inscription that would witness the success he had and how much pain his death left in their poor, but proud, parents.
He deserved it, he deserved at least that, after all the effort he put in study and after how much he paid for it.
Yes, posterity would remember him for ever!
A long time passed by and many things happened. The emperor gave order to build walls around the city, threatened by invaders and, slowly, the events regarding this unlucky family fell into oblivion.
The years accumulated and became centuries and the centuries overlapped to become millennia.
In the end of 19th century, nearly two thousand years after our story happened, the city was still there, but everything had changed and it had different needs.
The old walls weren't a protection anymore, but just an obstruction for traffic.
Some parts were broken down and new gaps were opened, and from the excavation emerged testimonies of a past time.
Many findings were damaged or destroyed, by mistake or because they were considered just some useless old things. Others were used again, in a way or another, incorporated in new constructions or recycled as building material. Others were "saved" and used as tourist attraction.
But, what about the memorial to that little young poet? What about the last desperate wish of his parents? Did the gods, which they prayed so much, listened to them and allow them to still have a little space in the mind of posterity, in this future, like they were hoping?
Well, I'll let you judge that...
... But, if one day you'll visit Rome and you'll find yourself walking in the busy Piazza Fiume, find some minutes to stop between the square and Via Piave and then look up to the Aurelian walls.
There, among the ruins, on top of a little column, a little memorial stone made of white marble stands out: between two columns of inscriptions in Latin and Greek, talking about his story and fame, a statue represents a child, who holds a parchment.
That child is Quintus Sulpicius Maximus and he wears a toga, just like a free citizen.
Inspired by: Associazione Muse, Wikipedia.
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venerdì 12 luglio 2013
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Che storia!e a quanto pare il desiderio dei genitori si è avverato..:)
RispondiEliminaCerto un po' triste... Ma in fondo noi "posteri" ce ne ricordiamo ancora e gli è stata perfino dedicata una via, che passa proprio lì accanto :-)
RispondiEliminaIl monumento originale è in un museo e quella ne è una copia esatta, solo un po' più piccola, ma ancora efficace :-)