Se ci penso, mi dà i brividi.
Dalle carte risulta che questo palazzo era qui già nel 1650, quando ancora molta gente veniva giustiziata, magari sulla forca che stava lì all'angolo.
Cammino nella penombra del lungo corridoio e il silenzio è rotto soltanto dal rumore dei tacchi sul parquet.
"Ultima stanza, in fondo a sinistra!" , penso ad alta voce, una frase che ho detto così tante volte da sembrare un nastro registrato. Qualche passo in più, entro nell'enorme stanza e mi sento ancora più isolata dal mondo, dietro la sua doppia porta.
Dalla finestra socchiusa si intravede Via del Corso che, nonostante la calma di queste prime ore del mattino, è un andirivieni di corrieri indaffarati nelle consegne, turisti curiosi (attrezzati con equipaggiamento da giro del mondo, anche se al massimo arriveranno ai Fori), ambulanti pronti alla fuga alla vista della prima volante, commesse impegnate a sistemar vetrine, studenti rumorosi, semplici passanti (forse impiegati in qualche ufficio qui intorno o residenti che vanno a fare la spesa, in compagnia del cagnolino), una botticella che trotta verso la sua postazione, e chissà che forza quando a Roma si girava ancora in carrozza... E sopra le loro teste passeri, piccioni e gabbiani rendono l'aria non meno trafficata della strada.
Chiudo la finestra e sono di nuovo avvolta nel silenzio: il vivo pulsare del Corso resta fuori, mentre in questo stanzone deserto sembra che ci siano rimasti solo i fantasmi di quella vita che si svolge là sotto, dietro le persiane.
Sì, devono essere qui. Ogni palazzo antico ha il suo fantasma e questo deve per forza i suoi.
Dame imbellettate, avvolte in pomposi abiti damascati, decorati con nastri e pizzi, ostentano gioielli ricchi di gemme e perle, e nascondono maliziosamente il viso dietro preziosi ventagli, lanciando messaggi segreti ai propri cavalieri, che sono ben lieti di stare al gioco, fieri delle loro parrucche incipriate... La piccola orchestra diffonde le sue note fra le risa e i sospiri degli invitati, e nella luce calda dei candelabri, da cui pendono grappoli di cristalli.
Ne sono sicura: sono qui, sospesi, in attesa di togliersi di dosso la polvere e le ragnatele che li opprimono da secoli e di trovare qualcuno a cui mostrarsi, un giorno o l'altro.
Ma quel giorno non è oggi e quel qualcuno non sono io.
Uscendo mi do un ultimo sguardo attorno.
So che loro sono lì, che mi osservano dall'altra parte degli enormi specchi antichi, imbruniti dal tempo, che corrono lungo tutte le pareti, incorniciati fra marmi e stucchi.
So per certo che loro sono lì e aspettano solo che io esca per continuare le loro danze, per sempre riflesse in quegli specchi.
"E va bene... Niente riunioni per oggi, qui nel salone!"
L'unica risposta che ricevo è il vuoto rimbombare della mia voce.
Sospiro, chiudo la porta alle mie spalle e ormai è quasi ora di cominciare il mio turno...
... Buon proseguimento anche a voi, fantasmi del Salone degli Specchi!
If I think about it, it makes me shiver.
From documents you can see this building was already here in 1650, when many people were still hanged, even there at that corner, where they used to build a place for that.
I walk in the dim light of the long corridor and silence is broken just from the sound of my heels on the parquet.
"Last door, end of the corridor on the right!" I think aloud, a sentence I said so many times that now I seem a recorded voice. Some steps more, I enter the big room and I feel even more out of the world, behind its double doors.
The window is half open and I can see Via del Corso through it: even during the quiet hours of the morning it's full of ponies delivering their parcels, curious tourists (with bags so full of things you'd say they're starting a trip around the world, while they'll probably just stop at the Coloseum), ambulant sellers ready to run away when they see a policeman in the distance, shops assistants tidying shops windows, noisy students, simple people passing by (maybe employee of some office near here or even just people living here who go food shopping with their dog), a carriage trotting to reach the working location, and imagine how cool it was when people still used carriages in Rome... And above their heads sparrows, pigeons and seagulls make the air as busy as the streets.
I close the window and I'm wrapped in silence again: the lively pulsing of the Street stays out, while it seems like in this big room there are just ghosts of that life that's happening down there, behind the blinds.
Yes, they must be here. Every ancient building has its ghost and this one must have its own ones.
Made up ladies, wearing pompous damask dresses, decorated with ribbons and laces, show jewels full of gems and pearls, and they maliciously hide their face behind precious fans, sending secret messages to their partners, who like to play the game, proud of their powdered wigs... The little orchestra spreads its music around, among laughters and sighs of the guests, and in the warm light of the candelabra, from where cristal grapes hang over.
I'm sure about it: they're here, floating around, waiting to clean away the dust and the webs that oppressed them for centuries and to find someone to show themselves to, one day or another.
But that day is not today and that someone is not me.
Going out I take another look around.
I know they're there, looking back at me from the enourmous ancient mirrors on the walls, darkened by the time passing and framed by marbles and stucco.
I know for sure they're there and they're just waiting for me to go away, to keep dancing their dances, forever reflected in those mirrors.
"Ok, fine... No meetings today here in the hall!"
The only answer I get is the empty resound of my voice.
I sigh, close the door behind me and by now it's already time to start my working shift...
... You have a nice day too, ghosts of the Mirrors Hall!