Eccolo qui, ammettiamolo.
Leggo i miei vecchi articoli sul blog e sono frizzanti, allegri, ricchi, piacevoli.
Oggi rileggendo quello che scrivo (per lo più sul mio diario cartaceo o sul più rapido Instagram) mi sembra tutto cupo, scialbo, banale.
Molto banale.
Come se avessi perso la scintilla dell'originalità e mi rifugiassi nelle solite cose già dette e ridette, pallida imitazione di quello che è stato, penoso tentativo di strappare un'emozione con facili accostamenti di parole e aggettivi.
E la colpa è solo mia, del mio essere dipendente di troppi contenuti già creati, bellissimi, per carità, ma frutto dell'impegno di altri, altri che non sono me. Non sono io.
Cado nel comune errore del paragonarsi, del voler imitare, ma, appunto, rimango un'imitazione di chi ha più capacità, più consistenza o, semplicemente, il suo personale modo di vedere, di essere e di trasmettere.
E allora mi blocco, mi scoraggio, tutto sembra pesante e insormontabile, "Ci vuole troppo", dimenticando che, sebbene oggi abbiamo tutto a portata di click, le cose in effetti richiedono un tempo, una gestazione, prima di vedere la luce.
I disegni, gli articoli, le creazioni del mio passato non sono nate in un minuto, voilà, fatto. Ci è voluto tempo, ci sono voluti sbagli, correzioni, prese di coscienza.
Eppure ora "Sono stanca" anche se ho passato il giorno sul divano o "Non ho tempo" anche se in realtà il tempo c'era, ma ho deciso di impiegarlo diversamente (seduta sul divano di cui sopra, per esempio).
Pausa: devo spegnere la candela profumata, prima che mi asfissi.
Rieccomi.
Dice "Rallenta, ascoltati, prenditi cura di te e prenditela comoda", ma credo ci sia un limite a tutto e invece avrei bisogno di una strigliata.
Non dico uscire dall'inconsistenza che mi accompagna sin da bambina (l'ho scoperto rileggendo un diario di fine anni '80, nientemeno!), ma vorrei almeno poter tornare indietro da questo torpore autoinflitto, smettere di pensarci e sentirmi in colpa per la mia inattiva passività e tornare a concludere qualcosa.
A volte sento di non dare nessun contributo utile alla società. Boh.
Mi sento pesante. Non solo fisicamente (e lo sono, da qualche anno è davvero dura recuperare la mia forma e la mia sportività), ma anche mentalmente (nonostante la terapia mi abbia aiutata immensamente).
Mi sembra di essermi fermata, sono immobile, in un mondo di gente che va avanti, forse sono perfino tornata indietro.
E sì, la colpa è mia e di nessun altro, certo non delle persone che mi sono accanto, che da sempre mi sostengono, appoggiano, incoraggiano, qualunque cosa mi metta in testa di fare, senza mai rinfacciarmi i miei "fallimenti" dovuti dall'arrendevolezza.
Se fossimo da qualche parte nel 1800, ora lascerei un'esclamazione drammatica, tipo "Ah! Quale tormento che attanaglia il còre e sgomenta l'anima!2, ma siamo nel 2025, per cui perdonatemi se mi limiterò ad un meno poetico "Che p@lle!" :-|